Food italiano nel Golfo: accordo con il gruppo Lulu
Figura tra le cinquanta catene di supermercati al mondo che crescono più velocemente: Lulu Hypermarkets, la divisione retail dell’omonimo gruppo internazionale (logistica, import-export, hotel), quartier generale ad Abu Dhabi e proprietà indiana, 152 punti vendita tra Paesi del Golfo, Egitto e Asia, sei miliardi di dollari di fatturato. Entro il 2019 il gruppo intende aprire un ufficio acquisti in Italia per rifornire i suoi ipermercati di prodotti alimentari made in Italy.
Per definire i dettagli del piano, tra il 22 e il 25 ottobre una delegazione del gruppo incontrerà in Italia i vertici di Coldiretti e visiterà una decina di aziende agricole e cooperative di trasformazione. Ad aprire la via, lo scorso luglio, era stata la missione di Coldiretti a Doha, in Qatar. Nel radar del gruppo di retail internazionale – dice Gianluca Letti, capo area economica di Coldiretti – ci sono i prodotti più noti e apprezzati all’estero: pasta, riso, pomodori, olio e latticini.
L’apertura dell’ufficio acquisti sarà un volano per le esportazioni della filiera agroalimentare verso un mercato potenziale di almeno 50 milioni di persone, quello dei Paesi GCC (Gulf Cooperation Council), un’area in rapida crescita demografica. «Abbiamo visitato i punti vendita di LuLu quando siamo andati in Qatar – racconta Lelli – e constatato che c’è un forte desiderio di inserire prodotti italiani. Negli appositi angoli internazionali, i Paesi di provenienza sono identificati con le bandierine; gli alimenti, compresa l’ortofrutta, risultano ben etichettati. Purtroppo però in alcuni casi sono prodotti di dubbia origine». Per contrastare il noto fenomeno dell’Italian Sounding, dunque, servono accordi come quello in dirittura d’arrivo. La società Fai, di Coldiretti, spiega Lelli, farà da collettore dei prodotti appoggiandosi alla rete dei consorzi agricoli.
L’intesa è un esempio di successo di “diplomazia economica”. «Nei Paesi del Golfo c’è una sempre maggiore attenzione alla qualità del cibo – dice Pasquale Salzano, ambasciatore a Doha – e da quando nel 2017 il Qatar è stato colpito da embargo, all’Arabia Saudita, fornitore principale da cui comprava il 90% del fabbisogno alimentare, è subentrata la Turchia. Abbiamo quindi lavorato perché l’Italia possa efficacemente intercettare la nuova domanda posto che offre qualità superiore agli altri».
Un elemento politico gioca a favore del Belpaese: «I rapporti con Doha sono molto positivi – continua Salzano – perché stiamo appoggiando la mediazione del Kuwait». Per il Qatar il tema della sicurezza alimentare è fondamentale mentre aumenta la consapevolezza dell’importanza di seguire una dieta sana. «Come ambasciata abbiamo spinto molto la diffusione del modello alimentare italiano, promuovendo la dieta Mediterranea. Per dare uno slancio più decisivo all’export, tuttavia, sarebbe importante avere in loco catene italiane della grande distribuzione» conclude il diplomatico.
Per il momento sono le società internazionali a fiutare il business. Grazie anche all’attivismo dell’Istituto per il commercio estero in tandem con l’ambasciata. «Nel 2017 l’ICE ha sottoscritto un accordo con Lulu Group – ricorda il direttore dell’ufficio di Doha, Giosafat Riganò – per la promozione dei nostri prodotti alimentare in tutti i Paesi Gcc che vedono una crescita dinamica del settore». L’intesa, di cui è stato capofila l’ICE di Dubai con il direttore Gianpaolo Bruno, si concluderà a a novembre di quest’anno. E tra i frutti portati alla nostra filiera agroalimentare c’è l’up-grade costituito dalla prossima apertura dell’ufficio acquisti. Nel solo Qatar, aggiunge Riganò, «l’export italiano agroalimentare è cresciuto nel 2017 del 6,5%».
Il gruppo Lulu è in espansione e conta su un network di Centri di distribuzione dell’Export in 24 Paesi, incluse strutture all’avanguardia come quelle recentemente aperte a Birmingham, in New Jersey e a Madrid per soddisfare in modo regolare le richieste di prodotti europei, inglesi e americani.